martedì 8 ottobre 2013

Oltre le chiese


I Ritmi della Vita è lo spazio dei pensieri di Francesco. Nella vita di tutti i giorni, oltre lo yoga ma anche grazie allo yoga.




Pensieri del lunedì mattina, il primo vero autunno qui a Milano, dove l'impegno più grande è non soffrire per non aver scorto foglie rosse e gialle, e campi umidi e silenzio, ma solo pioggia, meravigliosa, necessaria e benefica, ma fredda tra le case fredde.
Mi rivolgo a lei, sorella acqua la chiamerebbe il piccolo d'Assisi, che trova suoi percorsi ovunque, pur di arrivare al mare.
Questo ascolto mentre rifletto sulla petizione di Dario Fo a Barilla.
Il nostro Nobel che chiede alla famiglia del Mulino Bianco di far entrare nella pubblicità della ditta, icona della "famiglia italiana", l'immagine delle famiglie allargate, delle copie gay, dei transgender - che parola difficile, temo di offendere chi con grande dolcezza si scopre in un corpo che non sente interamente suo o che rifugge una definizione.
Però mi adeguo al lessico corrente.
La petizione di Dario mi rimanda alla richiesta del mondo gay di potersi sposare in chiesa, con il rito religioso. Penso a quanto abbiamo fatto, non io o voi, ma noi tutti, per generazioni, segretamente nei tempi dei roghi, a volto scoperto poi, lottando, venendo imprigionati, torturati, persino morendo, quanta energia abbiamo dedicato alla caduta dei muri come quello di Berlino, fisici, psicologici, religiosi, culturali. Quanto tempo speso ad ammorbidire i dogmi delle chiese, quanto a rendere il "diverso" più sicuro, oltre che accolto. Quanto a credere meno nell'immagine che offre il mondo di sé, per ritrovare la sostanza oltre la forma.
Così leggo Dario, che stimo senza riserve, che chiede a Guido Barilla di inserire nell'immagine che per anni (sembrano secoli!) ci accompagna della famiglia italiana anche i diversi, fino a ieri emarginiati, reietti.
Questo mi rende triste. Vorrei abbracciare chi, come me spesso, si sente escluso, non accolto, per dirgli che esiste anche senza la mia approvazione. Vorrei parlare sottovoce a chi dubita di sé per dirgli che non c'è un meglio da raggiungere, nessuna perfezione che possa mondare il fango in cui nasciamo, tutti, meravigliosi. Noi santi-peccatori.
Così avrei piuttosto chiesto al signor Barilla di finirla di offrire quell'immagine traslucida, l'emblema della perfezione - tutti belli, sorridenti, felici. Avrei detto al signor Barilla che quella felicità di copertina non esiste, che ce ne siamo resi conto, che è inutile illudere, che crea immagini nella mente che mettono radici e influenzano le scelte dei giovani, così portati per la forma, devoti quasi.
Ma per scorgere questo bisogna addentrarsi nella mente umana, non basta farsi due domande e neanche studiarla all'università, la mente.
Lo chiederei piuttosto ad un eremita silenzioso, o al Dalai Lama, lo chiederei a quei maestri erranti delle pianure asiatiche, schivi tra gente schiva. Sugli altipiani ventosi conoscono meglio di noi come funziona l'uomo.
No Dario, oggi non condivido. E' come chiedere al Servizio Sanitario di offrire, con ticket a basso costo, il lifting, il seno al silicone o le labbra "canottate". E' questa l'uguaglianza che cerchiamo? Per cui altri prima di noi hanno lottato, talvolta fino alla morte? Sono queste le pari opportunità?
Credo che dovremmo aiutarci a vedere.
La consapevolezza è l'unica medicina.
Non abbiamo bisogno della famiglia del Mulino Bianco del signor Barilla, forse più che la sua ditta si informi su ciò che fa bene e ciò che fa meno bene, che ci sia qualcuno che studi un po' più a fondo cosa significa usare una farina tipo "0" o un grasso idrogenato, o mettere insieme gli alimenti con una macchina priva di calore umano - e che non aspetti che sia il mercato a chiedere queste gentilezze, a protestare.
Chiediamo chiarezza sul prodotto, sul lavoro, sugli scambi, solo questo. Allora saremo sorridenti tutti, bianchi e neri, etero e gay. E ci sentiremo accolti, non solo in superficie.
Per lo stesso motivo mi piacerebbe che una coppia possa sentirsi unita e responsabile di quella unione (ossia in grado di saper rispondere di essa) non perché il ministro di una tale chiesa l'abbia consacrata, ma la natura - un mare d'autunno, una distesa davanti alla quale arrendersi all'evidenza di un incontro, perché l'unione è già lì, non la creiamo noi, noi dobbiamo solo rendercene conto, scorgerla ed accettarla. Un impegno davanti alla Vita. E' così difficile?
Abbiamo bisogno di un'altra coscienza, caro Dario.
Non auguro a nessun di entrare nella pubblicità di Guido Barilla, ma di uscirne tutti, senza odio, senza rancore. Vai Dario, se ci tieni vai da Guido e abbraccialo e sussurra al suo orecchio che non ci serve più quell'immagine, che non ne abbiamo più bisogno. E che mangeremo i suoi biscotti se saranno sani, oltre che buoni, semplici oltre che belli.
Grazie Dario, nostro portavoce per la Pace.
Francesco

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